23. Pomeriggio da batticuore
Mi avvicinai alla finestra della cucina per vedere se si trattasse veramente di Derek. Non mi ero sbagliata, era proprio lui. Rimasi impressionata nel vederlo avanzare verso la porta di casa. Era vestito in modo semplice, un jeans scuro, una felpa bianca e grigia e un giubbottino di pelle nero, sportivo come al solito ma bellissimo. Dovevo ammetterlo, era perfetto, non riuscivo a trovare in lui un solo difetto. Sentii il suono del campanello. Mi avvicinai alla porta, sospirai ed aprii.
Eccolo lì, era proprio davanti a me in tutta la sua bellezza.
- Ciao - mi salutò sorridendomi e guardandomi con quei grandi occhi scuri.
- C…ciao Derek, entra pure - Alla mia risposta lui sghignazzò come al solito. Era così palese la mia tensione? Derek entrò in casa e io richiusi la porta alle nostre spalle.
- Siamo soli? La tua famiglia?- chiese perplesso ma con una strana luce negli occhi che chissà forse mi ero anche immaginata. Probabilmente aveva capito che eravamo soli visto che in casa c’era un silenzio tombale.
- Hem, mio padre è fuori per lavoro. Mia madre… - m’interruppi e lui si voltò verso di me per guardarmi.
- Ti faccio vedere la casa - cambiai discorso alla svelta, non mi andava di parlargli ora di mia madre e rattristarmi.
- Ok - Derek mi seguì mentre gli facevo vedere la casa.
- Qui c’è la cucina con una seconda porta che conduce al giardino, questo è il salotto. A destra in fondo c’è il bagno per gli ospiti, mentre di sopra ci sono la mia camera, la camera dei miei e un secondo bagno. Fuori abbiamo anche un garage insonorizzato con vari strumenti dove spesso vado ad esercitarmi. Si può dire una specie di regalo che i miei genitori mi hanno fatto quando ero piccola. Già da allora amavo la musica. - gli sorrisi e notai lui intento a fissarmi in volto. Non appena me ne resi conto tornai a sentirmi a disagio.
- Hai una bella casa - esclamò guardandosi in torno.
- Grazie, da domani credo, dovrei trasferirmi al campus. -
- Ah, ma davvero? - chiese incuriosito.
- Si, non ne posso più della metro ogni giorno - annuii.
- Ah, bhè certo! - Dopo quell’esclamazione, un silenzio raccapricciante!
- Salgo su a prendere la chitarra. Siediti pure in salotto. Ah Derek scusami, dammi la giacca, la appendo. - feci cenno di porgermela. Lui senza battere ciglio si sfilò la giacca di pelle e me la passò.
Cavoli, quella felpa gli stava divinamente. Accentuava il suo fisico mozzafiato. Cosa diavolo mi è preso?Che faccio imbambolata qui come un ebete a fissarlo?Si era accorto che lo fissavo, lo avevo capito benissimo dal sorrisetto compiaciuto sul suo viso mentre mi guardava negli occhi. Probabilmente, anzi, sicuramente conoscendomi avevo il viso rosso come un peperone.
No, no Jen…così non và! Calmati porca miseria.Alla svelta, appesi la sua giacca all’appendiabiti in corridoio, aveva un profumo buonissimo.
Salii le scale per entrare in camera mia e prendere la chitarra.
- Hai una bella camera. E' proprio da te! -
Mi girai velocemente, neanche avessi visto un fantasma.
M…ma…ma, come diavolo ha fatto?L’ho lasciato giù e in un secondo mi è venuto dietro! Cos’è una specie di vampiro o altro?- G…grazie, dai andiamo giù - gli dissi mentre con una mano sul suo petto quasi spingendolo e paonazza in volto lo invitavo ad uscire educatamente dalla mia stanza. Niente, non c’era verso di spostarlo di un millimetro. Mi afferrò il polso della mano con cui lo spingevo o almeno provavo a spingerlo. Il suo volto si avvicinò incredibilmente al mio e quasi sussurrando al mio orecchio disse:
- Rilassati, voglio solo vedere la tua camera! - Un brivido mi percorse la schiena, per non parlare del mio povero stomaco che ormai aveva accumulato tanta di quella tensione da poter esplodere da un momento all’altro.
Altro che farfalle nello stomaco, io avevo un alveare di api che mi laceravano il cuore.Con il suo viso ancora estremamente vicino al mio gli ricordai:
- D…Derek, la chitarra - solo allora si allontanò da me, lasciando libero il mio polso.
- Ok, hai vinto tu - riprese a guardarmi o meglio fissarmi negli occhi con un sorriso accennato.
Ero sempre più convinta che provasse gusto nel vedermi imbarazzata, soprattutto se sapeva che la causa del mio imbarazzo era lui. Mi sentivo come un libro aperto quando mi fissava con quegli occhi, come se non potessi nascondergli nulla, le mie emozioni, i miei pensieri.Scendemmo giù in salotto con la mia chitarra e ci sedemmo sul divano.
- Tieni - gli porsi la chitarra e lui la appoggiò sulla sua gamba per iniziare a suonare.
Mi guardò sorridente.
- Cominciamo con un po’ di teoria - io annuii. Lo ascoltai affascinata per tutto il tempo. Mi spiegò come posizionare la chitarra e come tenere le mani. Mi spiegò che potevo suonarla sia con le dita, sia con il plettro.
- Io non ho il plettro - effettivamente non avevo proprio pensato a comprarne uno quel giorno con Josh.
Lui portò una mano nella tasca dei suoi Jeans prendendo qualcosa che subito dopo mi lanciò tra le mani.
- Te lo regalo. - Era proprio un plettro di colore verde, quasi trasparente, leggerissimo.
- Ha lo stesso colore dei tuoi occhi - aggiunse subito dopo facendomi un occhiolino.
- G…grazie - dissi quasi sussurrando per l’imbarazzo.
- Dai, fammi sentire qualcosa - volevo vederlo all’opera con il suo strumento. Mi avevano detto che era bravissimo e avevo proprio voglia di ascoltarlo.
- Ok però dopo provi tu -
- Ok - Derek iniziò a suonare. Era bravissimo, sembrava che per tutto il tempo non avesse fatto altro che suonare la chitarra. Le sue dita sulle corde si muovevano rapide, senza indecisione. Rimasi incantata a guardarlo per tutto il tempo della sua esecuzione, era sbalorditivo, suonava con tutta la passione che aveva in corpo. La sua musica mi entrava dentro profondamente, mi scaldava il cuore.
Il suo amore per la musica era ben visibile, trasparente, proprio come il plettro che stringevo tra le mani.
Ad un certo punto s’interruppe e mi guardò. Probabilmente avevo una faccia da pesce lesso, sembrava divertito.
- S…sei bravissimo, davvero io…sono senza parole. Da quanto tempo suoni? Sembra che tu non abbia fatto altro. - ammisi con gli occhi ancora sgranati.
- Grazie. Diciamo che da quando sono nato, la chitarra è stata la mia sola compagna. Ora tocca a te - mi passò lo strumento. Nel pronunciare quelle parole i suoi occhi si abbassarono guardando il pavimento, mentre io fui particolarmente colpita da quella sua affermazione. Non so perché ma per un breve istante la tristezza s’impadronì del mio cuore. Mi alzai dal divano e con la chitarra in mano, iniziai a provare cercando di mettere in pratica ciò che Derek mi aveva spiegato. Il suono che ne fuoriusciva era notevolmente migliore di quello prodotto dai miei vani tentativi la mattina scorsa.
Mentre ero intenta a provare, Derek mi si avvicinò. Era proprio dietro le mie spalle, sentivo il suo petto contro la mia schiena.
- Sbagli la posizione delle dita. Ecco guarda…- Portò la mano sinistra sul manico della chitarra proprio come me, mentre con la destra, le sue dita si appoggiarono sulle mie quasi accarezzandole. Al contatto della sua mano fui travolta da un brivido lungo la schiena.
Così non và, calma Jen, calma. Il mio cuore batte all’impazzata. Perché mi sento così?Ero in trappola, tra lui e la chitarra, non c’era via di fuga.
- Jen …- sussurrò delicatamente al mio orecchio facendomi sobbalzare. Come una stupida peggiorai la situazione voltandomi completamente verso di lui e mollando la chitarra che fortunatamente teneva ancora tra le mani. Il problema era che ora io ero vicinissima al suo viso e per evitare di cadergli completamente addosso avevo appoggiato le mie mani sul suo petto. Da quella vicinanza forzata riuscivo a vedere ogni minimo particolare del suo volto, così perfetto e dannatamente bello. Il mio sguardo per un microscopico secondo cadde sulle sue labbra così perfette, carnose e sensuali.
Ma a che diavolo sto pensando?No!No!No. Bastaaaaa!Immediatamente ripresi a guardare il suo viso che divertito e piuttosto compiaciuto mi fissava.
Oddio voglio sprofondare, ha…ha visto che gli stavo guardando le labbra.- A... andiamo a mangiare un pezzo di torta - mi liberai immediatamente quasi rischiando di fargli cadere in terra la chitarra. Per fortuna avevo preparato quella torta, così avrei potuto tenerlo a bada. Era un ottimo diversivo. Una volta tanto avevo fatto qualcosa di mooolto utile.
Mi diressi come una pazza furiosa in cucina e lui mi seguì.
Presi la torta dal forno e notai Derek, appoggiato accanto al mobile della cucina, abbastanza incuriosito. Presi un coltello ed iniziai a tagliarla. Lui per guardare meglio la torta, iniziò ad avvicinarsi a me, lentamente, quasi dondolando.
- E’ una torta alla vaniglia. So che ti piace e beh …eccola qui - lo guardai un attimo, spostando la mia attenzione dalla torta al suo viso. Volevo vedere la sua reazione, sorrideva o meglio ridacchiava silenziosamente. Arrossii, tornando a tagliare la torta, quando senza nemmeno rendermene conto Derek era già alle mie spalle, molto più vicino di quanto pensassi. Appoggiò le mani sul davanzale dove io stavo tagliando la torta , il suo viso nuovamente tra i miei capelli.
- Così l’hai preparata per me? - sussurrò dietro al mio orecchio. Il mio cuore impazzito iniziò a battere ancora una volta come un tamburo, con un ritmo tutto suo. Cercai in tutti i modi di restare tranquilla senza fargli capire quanto in realtà fossi agitata quando mi era così vicino.
- B…beh, è alla vaniglia, non ti piace? - balbettai nervosamente pensando alla situazione, ancora una volta ero in trappola, tra le sue braccia e il mobile della cucina, uno spazio ristretto, così tanto da togliermi ossigeno.
- Hm, hm… l’unica vaniglia che mi piace è quella che emanano i tuoi capelli - sentii i brividi percorrermi ogni centimetro di pelle al suono di quelle parole emesse con così tanta delicatezza mentre annusava i miei capelli e con una mano li accarezzava. Istintivamente mi voltai verso di lui guardandolo negli occhi, quasi come se avessi la speranza di poter leggere nei suoi occhi significati nascosti. I tentativi di tranquillizzarmi, erano stati del tutto vani. Vicino a lui, così tremendamente vicino mi era impossibile anche solo immaginare di poter restare impassibile. Derek sollevò la mano con cui mi accarezzava i capelli e la posò delicatamente sul mio viso, le sue labbra ormai erano vicinissime alle mie, ci divideva un respiro. Le gambe iniziarono a tremarmi e la testa a girarmi proprio quando sentii delle voci in giardino.
- Ah ah, cerca di non farmi fare tardi anche domani a lavoro o giuro che te le do di santa ragione. -
- Merda, papà - impallidii al pensiero di vederlo entrare in casa proprio ora, si sarebbe visto l’ennesima scena davanti agli occhi e con due ragazzi differenti. Alla svelta afferrai Derek dalla felpa, proprio sotto il suo collo, leggermente più in basso sul suo petto per evitare di strozzarlo. Lo trascinai alla svelta prendendo la sua giacca di pelle.
- Ehi ma…- balbettò mentre lo strattonavo da una parte all’altra della casa come un cagnolino al guinzaglio. Presa la giacca tornai in cucina prima che papà mettesse piede in casa e uscii dalla porta del retro trascinandomi Derek alle spalle in fretta e furia.
Fantastico, i miei piani non erano funzionati, papà era tornato a casa prima del previsto.Per non farci vedere, li su due piedi ebbi la brillante idea di nasconderci in garage. Di soppiatto, e pregando che papà non sentisse alcun rumore aprii la porta del garage, chiudendola immediatamente dopo averci trascinato dentro anche Derek. In conclusione per la fretta e soprattutto per non farmi scoprire, non ebbi nemmeno il tempo di accendere la luce, ero stata costretta a chiudermi la porta alle spalle per non destare sospetti. Non vedevo niente di niente al buio, sapevo solo che Derek era davanti a me perché lo tenevo ancora stretto per la felpa, mentre io appoggiata al muro del garage per evitare di andare a sbattere contro qualche strumento, con la mano ero in cerca dell’interruttore della luce.
- Ma che…-
- Shhhh - interruppi Derek sotto voce. Non si sa mai, papà poteva proprio essere lì fuori e sentirci. Se dovevamo nasconderci, dovevamo farlo bene. Con la mano che mi era rimasta libera continuavo a muovermi lentamente e a cercare sulla parete l’interruttore per accendere la luce, ma niente. Mi sembrava di giocare a mosca ceca. Ridacchiai a bassa voce per la situazione assurda quando le mie labbra furono bloccate da qualcosa di caldo e morbido che lentamente e delicatamente si muoveva sulle mie. Erano le labbra di Derek, mi stava baciando. Sentivo il suo profumo, il calore del suo corpo così vicino al mio. La mano con cui cercavo l’interruttore due minuti prima, rimase ferma a mezz’aria fino a che la sua non la raggiunse bloccandola delicatamente sulla parete mentre le sue labbra continuavano a sfiorare più volte le mie. Interdetta da quel bacio ero come imbambolata, in estasi, non riuscivo a muovermi di un centimetro o forse non volevo farlo. Nel buio totale non sentivo nulla che non fosse Derek, ero completamente rapita da lui e dalla sua dolcezza, dalla delicatezza con cui la sua mano teneva salda la mia, dalle mille emozioni che oltrepassavano il mio povero e piccolo cuore.
Un’emozione indescrivibile, che mai avevo provato prima, di lì a poco invase il mio corpo, s’impadronì dei miei sensi.La mano con cui stringevo la felpa di Derek, rafforzò la presa, mentre le mie labbra rispondevano incerte alle sue. A quella mia risposta, Derek smise di baciarmi, potevo intravedere nel buio i suoi occhi che mi scrutavano minuziosamente ma che per mia fortuna, non potevano vedere il mio visibile imbarazzo.
Sentii la sua mano, lasciare la mia per poi posarsi sulla mia guancia accarezzandola. Lo sentii avvicinarsi a me nuovamente, sentivo il suo respiro sulla mia pelle. Iniziò a baciare delicatamente il mio collo, mentre io rapita da mille sensazioni diverse chiusi gli occhi assaporando quell’istante. Ogni contatto delle sue labbra, lasciava scie infuocate sulla mia pelle.
Non ero sicura di cosa stesse accadendo, non conoscevo i suoi sentimenti, tantomeno i miei.
Volevo solo che quel momento durasse per sempre.Dal mio collo, le sue labbra tornarono un’ultima volta sulle mie.
- Sei scappata due volte, ma la terza ho vinto io. Meglio questo della torta no? - sussurrò al mio orecchio in quel modo sensuale che gli apparteneva e che ogni volta mi dava i brividi. La luce si accese, era stato Derek a cliccare l’interruttore.
- V...vuol dire che sin dall’inizio sapevi dov’era l’interruttore? Ne hai approfittato p...per b...baciarmi? - chiesi imbarazzata e leggermente scocciata.
- Non dirmi che non ti è piaciuto! - Mi guardava con quei suoi occhi così profondi da sciogliermi il cuore e un sorrisetto soddisfatto in volto. Non riuscivo a pensare a niente, se non a quel bacio e al mio cuore che ancora mi martellava in petto. Non riuscivo a parlargli o a spiccicare mezza parola. Preferivo il buio quando non poteva leggermi l’emozione negli occhi.
Volevo sapere qualcosa in più su di lui, ne sentivo l’immediato bisogno. Avevo mille domande che esigevano delle risposte. Domande su di lui, su me, su noi.
Continua...